CONVERSAZIONI sull’INNOVAZIONE SOCIALE – Conversazione N°6

The HUB Sicilia Siracusa – Tinkitè, 9 Marzo 2011

Se ne chiacchiera con

Corrado Giuliano, avvocato attivista esperto sui temi della immigrazione e dell’ambiente

Giancarlo Annino, graphic designer, moda, educazione aziendale

Emiliano Colomasi, musicologo e musicista, si occupa di ufficio stampa per eventi culturali e non

Antonio Casciaro, sociologo imprenditore culturale, esperto in economia della conoscenza

Angelo Fallico, esperto in comunicazione aziendale e giornalista, responsabilità civile d’impresa

Giangiacomo Farina, imprenditore e curatore di una testata web di informazione locale

Hubbers presenti: Olivella Rizza, Alessio Vasta, Viviana Cannizzo, Franco Adorna, Rosario Sapienza.

Cos’è un HUB? Un centro sociale? Una VIP Lounge

Divertente e interessante è stato ascoltare le reazioni che gli ospiti hanno avuto nel leggere, nel guardare il materiale che avevamo noi propinato loro, per prepararli all’incontro. Guardare il video di HUB Milano ha ricordato a qualcuno i vecchi film di Nanni Moretti. Tutto molto bello, tutto molto ‘giusto’ ma altrettanto evanescente e rarefatto, specialmente se si prova a immaginarselo alle nostre latitudini. L’HUB ricorda anche un centro sociale di nuova generazione, con la sua nuvola di aspirazioni e di visioni alternative (e un tantino ideologiche) del mondo. Eppure, lo stile, la vernice è glamour, per nulla casuale (anche se apparentemente casual) e lascia pensare più ad una VIP Lounge, esclusiva, semmai radical-chic più che pop. Anche in questo incontro ci si è domandati quanto questo posto sia effettivamente aperto o esclusivo e non credo che i nostri ospiti abbiano avuto una chiara risposta. Qualcuno fra noi ricorda che questo centro sociale/VIP Lounge ha in sé anche l’altra caratteristica altrettanto fondamentale, della sua iperconnettività. Quando entri in un HUB dovresti varcare una soglia spazio-geografica e salire su una piattaforma che ti connette in maniera efficiente e fluida con la rete globale degli hub e degli hubbers, permettendoti di scambiare opportunità e soluzioni con potenziali partners che né l’esclusiva ma effimera VIP Lounge né il centro sociale a forte vocazione territoriale sono tradizionalmente in grado di offrire. Ma questa, ad oggi, resta per oggi e almeno per noi poco più che pura teoria.

Un ritorno al futuro?

D’altra parte, spazi di ispirazione e di socializzazione creativa ci sono sempre stati in Sicilia come e forse più che altrove. Il caffè del paesello, il centro del dopolavoro, lo spazio per i momenti indolenti, dove si pensa più in libertà che altrove e che, storicamente, ha incubato i sogni, le aspirazioni e i progetti di intere generazioni di meridionali non sono forse sempre esistiti? Tutto questo è molto poco innovativo, se guardato da questa angolazione. Solo che, a ben vedere, questi spazi sono oggigiorno decisamente in declino ed una riflessione sistematica sulle loro potenzialità e caratteristiche oggi sarebbe molto opportuna, a Siracusa come in altri posti della Sicilia. Il Tinkitè stesso, il luogo dove si svolge l’incontro, è uno di questi posti dove incontrare ‘anime gemelle’ dove parlare di progetti che riguardano il voler fare di tante persone che grazie a questo luogo hanno scoperto le proprie affinità. Spingere in questa direzione, rispondendo con intenzione all’esigenza di incontrarsi è una intuizione giudicata opportuna da un po’ tutti i nostri ospiti. E’ insomma, per molti, proprio quello che ci vuole.

Non solo WEB!

Del resto, il mito dei social network digitali stile Linkedin come piattaforme professionali va fatto atterrare e confrontato con la cruda realtà. Di fatto, se i business network servono non sono certo determinanti, almeno dalle nostre parti. Semmai sono utili per risparmiare ai professionisti di portarsi appresso voluminose cartelline e brochures, ma nulla ad oggi è riuscito a soppiantare l’incontro vis à vis. Se qualcosa l’esplosione dei social e business network ci hanno insegnato, ebbene è proprio il valore dei rapporti informali e della personalizzazione delle relazioni. I social network hanno messo in luce il valore dei contatti personali più che assolverne sul serio all’esigenza. Il web dimostra come le cose camminino in modo non lineare sul filo delle affinità e dell’intreccio degli interessi interpersonali e dimostrano come la nuova economia (così come la nuova maniera di fare politica) viaggia sulle persone più che sulle sigle o fra gli apparati. Che le persone si incontrino molto e per davvero e si iparino a conoscersi e a capirsi diventa un fatto auspicabile, l’humus ideale per far nascere tante nuove cose buone. L’HUB, se veramente vuole intercettare questa esigenza, va nella direzione giusta.

La riconquista degli spazi

L’incontro del 9 marzo ci conferma un’impressione: Siracusa è piena di spazi vuoti e pronti che sono alla ricerca di un’identità e di una funzione. Spazi ristrutturati, spazi predisposti a cui manca però l’anima. Dare vita a questi spazi è necessario, affinché Ortigia prima, ma poi tanti altri posti in Sicilia abbandonati e negletti, possa rivitalizzarsi e riprendere a funzionare. Il progetto HUB su Siracusa che probabilmente vedrà la luce prima dell’estate intende occuparsi prioritariamente della valorizzazione dei centri storici (innanzi tutto Ortigia e Valletta, a Malta), in modo da capire come può essere ristrutturato, oltre ai suoi palazzi, il tessuto connettivo dei suoi abitanti e dei suoi attraversamenti, oltre la logica stantìa e socioeconomicamente perdente della valorizzazione turistica di tipo tradizionale. Il turismo, semmai, è una componente accessoria di un rilancio dei centri storici, quasi il fenotipo, l’indicatore, di un compiuto processo di riumanizzazione e riutilizzo dei centri storici e delle loro ricche e complesse funzionalità che dal turismo devono imparare a prescindere.

Ma siamo sempre al centro?

Ce lo siamo ridetti per l’ennesima volta, durante l’incontro, che la Sicilia è al centro del Mediterraneo e che rappresenta uno spazio crocevia tendenzialmente strategico. E’ un’affermazione logora quanto irresistibile. HUB Sicilia partecipa alla montante frustrazione rispetto ai recenti fatti del Maghreb e dell’Egitto, lanciando una iniziativa “SICILIA chiama MAGHREB” i cui esiti restano oggi molto vaghi. Gli scenari futuri sono incerti e l’aspirazione a nuovi protagonismi sono un diritto di tutti. Compreso per noi siciliani, che siamo specializzati nel non farci mai artefici dei nostri destini, subendoli ricamandoci su con arte barocca e sopraffina. Che la Sicilia sia una potenziale antenna, un avamposto di oggi e un centro di domani, è difficile non immaginarlo, specialmente per noi siciliani che lo abbiamo sempre voluto credere, anche alla luce dei recenti fatti Mediterranei. C’è chi fra noi vede nel triangolo Catania, Siracusa, Ragusa un potenziale spazio di innovazione, nutrito della diversa forza e inclinazione dei suoi tre poli. Su Catania e Siracusa HUB Sicilia si sta già muovendo…

Ma torniamo alla pagnotta!

Molto opportunamente i nostri ospiti vogliono capire, al di là dei facili farfallamenti, quale è la sostanza e come questo HUB può funzionare. Con cosa sostituiamo i giovani graphic designers, gli operatori pubblicitari, della moda e della produzione digitale che popolano l’HUB di Milano? Chi, a Ortigia, potrebbe essere interessato a pagare per i servizi di un HUB? All’inizio, tanto per cominciare a ragionare, emergono due categorie apparentemente contrapposte:

1.     il professionista emergente, giovane più per esigenze, gusti e bisogni che per dato anagrafico, apparentemente già ‘servito’ in quanto a ufficio e facilities ma comunque interessato alla frontiera della social innovation sul proprio territorio, quindi interessato alle attività promosse dall’HUB più che ai suoi servizi e al suo core business;

2.    il (più o meno) giovane altamente professionalizzato ma scarsamente connesso ed introdotto nello stantìo e impervio mercato del lavoro locale, interessato a ‘inventarsi qualcosa’, promuoversi autoimprenditorialmente e quindi beneficiare di tutti i servizi e le opportunità dell’HUB; dal neolaureato, al tardo, post dottorando, al professionista che arranca o è inappagato dalla collocazione che ha sul mercato.

A ben vedere, e l’uno e l’altro sono mossi, entrambi, da un’esigenza, immediata o più a medio termine, di innovazione. Entrambe queste categorie di persone si rendono conto che c’è un problema, che così non può continuare e che le strozzature dei processi non riguardano solo una loro eventuale inidoneità, ma più generalmente delle contraddizioni del sistema stesso. Capiscono che non si tratta solo del loro posto di lavoro ma della cornice in generale, del contesto. Entrambe le categorie, gli emergenti e i (quasi) drop out hanno insomma ‘fame di innovazione sociale’. Per tutti, prima o dopo, dovrebbe allora essere una questione di “pagnotta”, pagnotta di oggi, per chi deve capire come usare l’HUB per arrivare a fine mese sviluppando una capacità di farsi professionista in grado di vendere servizi, pagnotta di domani per chi avverte che il proprio mestiere di oggi per sopravvivere deve evolversi e cambiare, connettendosi, affrontando altri mercati, globalizzandosi e ramificandosi all’interno dello stesso territorio con modalità diverse da quelle tradizionali. Qualcuno, fra i nostri ospiti, fa notare che all’interno della variegata condivisione di input in un HUB non può mancare una banca o comunque un istituto di credito in grado di coprire gli aspetti finanziari dell’innovazione sociale. Naturalmente, viene da dire, anche se i soldi sono solo uno dei tasselli, forse il più scontato e visibile, una condizione necessaria ma certamente non sufficiente all’innovazione sociale che l’HUB sogna di promuovere.

Ritorniamo a parlare di Etica e Valori

L’incontro si conclude con un monito, che ci viene da chi teme che la questione etica e dei valori sia frettolosamente licenziata con nuovi linguaggi e nuove formulette. La sostenibilità ambientale (ma anche quella sociale), l’impiego massivo di energie alternative (il fotovoltaico o l’eolico in Sicilia ne sono perfetti esempi) l’affezione per gli obiettivi etici del nuovo business può diventare una trappola, una scorciatoia e un pericolo dal quale l’HUB dovrebbe prudentemente tenersi al riparo. Molta della sua grammatica è intrisa di ‘falsa etica’. I suoi refrain sul rinnovabile e sul sostenibile non si discontano poi tanto dai nuovi trend dell’impresa che attraverso queste politiche cerca di fare accettare e digerire il proprio core business. Se un HUB vuole veramente entrare in questa complessa partita dovrebbe avere la capacità e il coraggio di aiutare le imprese a far condividere il loro business (più che farlo accettare), partendo dai bisogni e cercando di interpretarli più che rispondervi in modo semplicistico e facile (“come regalare un campo di pallavolo a chi chiede un campo di calcio”). E’ allora più nel processo e nella sua manutenzione che si esprime la sostenibilità e la responsabilità civile di un social business.

Redazione: Rosario Sapienza